Il microbiota come modulatore dell’immunoterapia antitumorale

Il cancro, come è noto, è una malattia che insorge quando una cellula perde i meccanismi molecolari che ne controllano la proliferazione, originando così una linea cellulare (clone) di cellule iperproliferative. I meccanismi molecolari di controllo della proliferazione cellulare sono molteplici e sono governati da proteine che vengono a loro volta prodotte a partire da geni: sono proprio le mutazioni in questi geni a determinare le alterazioni nelle proteine che governano la replicazione cellulare. Diversi fattori ambientali (tra cui la dieta) possono contribuire ad incrementare il tasso di mutazione in questi geni di controllo dell’orologio cellulare. Il cancro è quindi una malattia genetica multifattoriale.

Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi nella terapia dei tumori; una delle frontiere è rappresentata dall’immunoterapia. Il razionale dell’immunoterapia per i tumori si basa sull’osservazione che l’infiltrazione di linfociti T nei tumori solidi si associa ad esiti favorevoli ma che le cellule neoplastiche esprimono recettori in grado di bloccare i linfociti T (checkpoint-immunitario). I ricercatori hanno quindi progettato molecole in grado di inibire il checkpoint-immunitario; si tratta dei cosiddetti “immune checkpoint inhibitors” (ICIs). Questa nuova categoria di farmaci (pembrolizumab, nivolumab, atezolizumab, avelumab, durvalumab, ipilimumab), risulta molto efficace, tuttavia non tutti i soggetti a cui viene somministrata rispondono al trattamento. Restano ancora da chiarire i motivi per cui si verifica questa variabilità nella risposta agli ICIs: alcuni studi hanno rilevato che nei “non-responders” vi sono alterazioni nella composizione del microbiota.

In questo scenario si colloca una nuovissima frontiera di studi che utilizza il miocrobiota come modulatore della terapia antiblastica con ICIs.
Inizialmente si è visto che sia nei topi che nei pazienti le risposte delle cellule T ai farmaci ICIs sono state associate alla presenza Bacterioides (Bacterioides thetaiotaomicron o Bacterioides fragilis).
Altri studi hanno mostrato come i tumori nei topi “germ-free” (topi privi di microbiota utilizzati a fini sperimentali) – oppure trattati con antibiotici per azzerare il loro microbiota – non rispondevano ai farmaci ICIs ma diventavano poi responsivi dopo la somministrazione di specifici mix di probiotici (Bacterioides fragilis + Burkholderia cepacia o  Bacterioides fragilis + Bacterioides thetaiotaomicron).
Altri importanti studi hanno confermato il ruolo del microbiota del determinare la responsività ai farmaci ICIs: si tratta di studi di trapianto fecale. Il trapianto fecale da donatori umani “responders”, ma non quello dei donatori “non responders”, in topi germ-free o sterilizzati ha conferito ai topi la capacità di rispondere al farmaco, capacità che prima non avevano. Nelle feci dei donatori “responders” è stata osservata in particolare una relativa abbondanza di Akkermansia municiphila. La successiva somministrazione della sola Akkermansia municiphila nei topi riceventi il trapianto fecale da “non responders” ha ripristinato in questi animali la capacità di rispondere al farmaco.
In casistiche di melanoma metastatico trattato con farmaci ICIs è stata dimostrata chiaramente una differenza nel profilo del microbiota tra soggetti “responders” e “non-responders”; si tratta di studi molto interessanti dal momento che il microbiota può essere manipolato, anche somministrando oralmente dei probiotici ad esempio prima di iniziare una terapia con ICIs.
In questo senso un ruolo particolarmente promettente è stato attribuito ai Bifidobatteri; un gruppo di ricercatori italiani ad esempio ha recentemente condotto uno studio in cui si dimostra l’effetto di inibizione della crescita cellulare di un ceppo probiotico di Bifidobacterium longum (il ceppo BB-536), osservato su linee cellulari sia di melanoma che di cancro colorettale.

In conclusione, diversi studi di frontiera indicano che la profilazione del microbiota e la successiva manipolazione utilizzando specifici probiotici può rappresentare una utile strategia per preparare i soggetti candidati a ricevere l’immunoterapia antiblastica, con lo scopo di aumentare la proporzione dei soggetti “responders” nei confronti di questa nuova ed efficace classe di farmaci antitumorali.

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