Akkermansia muciniphila, nuovo ruolo per il primo “next-generation probiotic”

Recenti evidenze stanno mettendo in luce il rapporto tra microbiota intestinale e cancro. Da un lato è stato dimostrato che il microbiota sano (“eubiotico”) è direttamente responsabile del mantenimento dell’integrità mucosale della barriera intestinale e che questa è a sua volta collegata con una diminuzione del rischio di cancro; dall’altro è anche noto il ruolo protettivo di alcuni metaboliti, come gli acidi grassi a catena corta, nei confronti delle neoplasie del tratto gastrointestinale e non solo.

Un altro aspetto particolarmente interessante sotto la lente di ingrandimento dei ricercatori è quello legato al successo dell’immunoterapia dei tumori. Negli ultimi anni sono stati infatti sviluppati nuovi farmaci che hanno come bersaglio i cosiddetti checkpoint immunitari, cioè dei recettori e ligandi espressi dalle cellule tumorali che ne inibiscono l’aggressione da parte del sistema immunitario. Neutralizzati questi checkpoint il sistema immunitario è in grado di aggredire e distruggere le cellule neoplastiche. Allo scopo sono state appunto progettate queste molecole, gli “immuno-checkpoint inhibitors” o ICI (tra cui pembrolizumab, nivolumab, atezolizumab, avelumab, durvalumab, ipilimumab). Diverse linee di ricerca hanno scoperto che questi farmaci, molto promettenti, funzionano meglio in soggetti colonizzati da batteri del microbiota “eubiotico” rispetto a soggetti con alterazioni del microbiota, come riportato su nutrizionistica.it in un recente articolo (1).

Nel frattempo la ricerca ha individuato nel nostro microbiota intestinale alcuni batteri straordinariamente interessanti. Il primo in ordine cronologico è Akkermansia muciniphila. Dopo la sua scoperta, avvenuta nel 2004 ad opera del Dr. Muriel Derrien nell’Università belga di Wageningen, su questo batterio sono stati condotti numerosi studi scientifici che ne hanno dimostrato l’abbondanza negli individui magri e non diabetici. Al contrario, una sua carenza è stata riscontrata in diverse condizioni come obesità, diabete, infiammazione intestinale, malattie del fegato o consumo cronico di alcol. Akkermansia muciniphila è un batterio “commensale”, il che significa che si trova naturalmente nel tratto gastrointestinale di esseri umani, dove si nutre del muco e preserva l’integrità della barriera intestinale. Una sua integrazione è infatti associata nei modelli animali a ripristino della barriera intestinale e quindi al mantenimento della normale permeabilità intestinale che impedisce alle tossine pro-infiammatorie di venire a contatto con il flusso sanguigno ed impedisce quindi l’instaurarsi dell’infiammazione cronica, a sua volta collegata ad insulino-resistenza e sovrappeso.
Uno studio randomizzato in doppio cieco controllato con placebo (2) per valutare gli effetti dell’Akkermansia muciniphila pastorizzata somministrata nell’uomo ha dimostrato che la somministrazione di Akkermansia muciniphila dopo 3 mesi ha determinato, nell’uomo riduzione dell’insulino-resistenza, dell’insulina, del colesterolo, del peso corporeo, circonferenza vita e rapporto vita-fianchi, dei marcatori ematici di infiammazione e disfunzione epatica, dei lipopolisaccaridi ematici (che sono un marcatore di integrità di barriera intestinale).

Questo interessante batterio non smette di sorprendere: in uno studio pubblicato sul Nature Medicine di febbraio 2022 (3) è stato indagato il ruolo di Akkermansia muciniphila anche nell’immunoterapia anti-tumorale. Gli autori in un precedente studio retrospettivo avevano già documentato che l’abbondanza di Akkermansia muciniphila nelle feci di pazienti con carcinoma del polmone a piccole cellule (NSCLC) e cancro renale era associata ad un maggior successo dell’immunoterapia con farmaci inibitori dell’immuno-checkpoint (ICI). Nel presente studio hanno effettuato un focus su 338 soggetti con NSCLC avanzato, trattati con ICI e sui quali erano disponibili i dati relativi alla colonizzazione intestinale con Akkermansia muciniphila prima del trattamento. I dati hanno dimostrato che i livelli basali di Akkermansia muciniphila si associano ad una migliore risposta ai farmaci ICI ed ad un incremento della sopravvivenza, indipendentemente da altri fattori quali il livello di espressione dell’inibitore dell’immuno-checkpoint o del trattamento con antibiotici.

Gli autori di questo studio concludono che “differenze significative nell’abbondanza relativa di Akkermansia muciniphila possono rappresentare un possibile biomarker per stratificare i pazienti per studi futuri” relativi all’immunoterapia anti-tumorale.

1) Nutrizionistica.it (05/09/2021). https://www.nutrizionistica.it/il-microbiota-come-modulatore-dellimmunoterapia-antitumorale/
2) Nat Med 25, 1096–1103 (2019). https://doi.org/10.1038/s41591-019-0495-2
3) Nat Med 28, 315–324 (2022). https://doi.org/10.1038/s41591-021-01655-5