Dieta senza glutine in soggetti non celiaci

Cos’è la celiachia
La celiachia è una malattia autoimmune scatenata dall’ingestione di glutine presente in grano, orzo e segale che si manifesta in individui geneticamente predisposti ed è caratterizzata (e caratterizzabile) dalla presenza in circolo di anticorpi diretti contro la transglutaminasi tissutale, l’endomisio ed i peptidi deamidati della gliadina, la principale componente del glutine. La celiachia si può manifestare a qualsiasi età, con manifestazioni sia intestinali che extraintestinali. Nella sua forma classica (quella che più frequentemente ha un’esordio infantile) sono più evidenti le manifestazioni intestinali dal momento che si osserva diarrea e perdita di peso; nella sua forma atipica (che può esordire a qualsiasi età) le manifestazioni intestinali possono essere aspecifiche (irregolarità intestinale, gonfiore) e possono essere presenti, a volte come unica manifestazione, disturbi extra-intestinali (irregolarità del ciclo mestruale, anemia ferrocarenziale, infertilità, poliabortività, disturbi dermatologici). Esistono anche forme cosiddette silenti (cioè senza sintomi, scoperte casualmente nel corso di indagini di laboratorio ma con successiva positività all’esame istologico effettuato su biopsia) e forme latenti (asintomatiche, con positività ai test di laboratorio ma negative all’esame istologico).

Come si cura la celiachia
Attualmente non esiste una terapia farmacologica per la celiachia, che viene quindi curata esclusivamente eliminando il glutine dalla propria alimentazione. Una volta eliminato il glutine dalla dieta il processo infiammatorio viene spento, l’autoimmunità si riduce progressivamente fino a sparire e la mucosa intestinale torna perfettamente normale. Il soggetto di fatto non è più un malato, ma una persona sana con aspettativa di vita identica a quella dei soggetti non celiaci. Tale dieta di eliminazione può essere vista come un problema, specie dopo una diagnosi ed in particolare in quei contesti geo-culturali dove il glutine è molto diffuso. Tuttavia ad una più attenta analisi va considerato che si tratta di una delle rare malattie la cui cura avviene senza farmaci; inoltre dal punto di vista nutrizionale il ricorso ad alimenti speciali di origine industriale può essere evitato dal momento sono presenti in tutte le aree geografiche alimenti e materie prime “naturalmente” prive di glutine che possono essere utilizzate per comporre una dieta sana, equilibrata e gustosa.

Diagnosi di celiachia
La celiachia, come è noto, è una malattia che viene diagnosticata purtroppo solo in una piccola percentuale di soggetti celiaci, la maggior parte dei quali pertanto lo sono ma non sanno di esserlo. Si stima infatti che i 2/3 dei soggetti celiaci sfuggano alla diagnosi, e che il tempo medio occorrente per arrivare ad una diagnosi di celiachia in un celiaco sia di circa 5 anni. Questo avviene in parte per la sintomatologia che spesso non è ben definita (forme atipiche), in parte per un non corretto percorso diagnostico. Proprio al fine di regolamentare il percorso corretto per la diagnosi e trattamento della celiachia il Ministero della salute si è attivato ormai da qualche anno per la definizione di un protocollo condiviso e unitario che stabilisce, tra l’altro, l’algoritmo diagnostico sia negli adulti che nei bambini. In entrambi i casi, il primo passaggio è rappresentato dal sospetto clinico da parte del medico (o del pediatra). Successivamente il secondo passaggio è rappresentato dall’effettuazione del test di screening: gli anticorpi anti-transglutaminasi IgA.

Possibili cause del ritardo diagnostico
Tra le possibili cause del ritardo diagnostico vi è una certa confusione o comunque non corretta comprensione dei test disponibili per la diagnosi di celiachia e del loro corretto utilizzo nei vari contesti. Molte persone ad esempio si informano in rete, e si sottopongono spontaneamente ad esami per la celiachia non corretti. Il classico esempio è sottoporsi al test genetico, che viene ritenuto generalmente “più affidabile in quanto genetico”, mentre nel caso della celiachia è esattamente l’opposto dal momento che solo il 3% di soggetti geneticamente predisposti sviluppa la celiachia; pertanto sottoporsi al test genetico al fine di auto-diagnosticare la celiachia significa avere una elevatissima probabilità di risultare “falsamente positivi”; il test genetico trova invece la sua utilità per escludere, ad esempio nei familiari di un soggetto recentemente diagnosticato celiaco, dal momento che è un esame con elevato “valore predittivo negativo”: una sua negatività esclude la possibilità di sviluppare celiachia. Un altro elemento che contribuisce ad allungare i tempi di diagnosi è l’eliminazione spontanea del glutine dalla dieta senza che vi sia stata una diagnosi di celiachia. Gli alimenti “senza glutine” o “gluten free” vengono spesso ritenuti “salutari”, e vi sono persone che decidono spontaneamente di eliminare il glutine dalla loro alimentazione, per motivi salutistici. In molti casi riferiscono un miglioramento del loro stato di salute e benessere. Tuttavia il test di prima scelta per la diagnosi di celiachia suggerito da tutte le linee guida internazionali (ed anche dal Ministero della salute italiano), che, come abbiamo già visto, è il test “anticorpi anti-transglutaminasi IgA”, è un test che si negativizza in presenza di una dieta gluten-free protratta per qualche settimana. Questo significa che, nei soggetti che sono realmente celiaci, una dieta gluten-free seguita spontaneamente per motivi salutistici potrebbe determinare un “oscuramento” diagnostico, cioè un test falsamente negativo, contribuendo, questa circostanza, all’allungamento dei tempi necessari per giungere ad una diagnosi. Il soggetto, non essendo stato ufficialmente diagnosticato, eliminerà il glutine in modo non perfetto dalla propria dieta, magari alternando periodi di eliminazione e periodi di introduzione, determinando, di fatto, un rallentamento dei tempi per la diagnosi.

Perché la dieta gluten-free è ritenuta salutistica?
Per spiegarlo occorre fare un passo indietro. Abbiamo già visto che l’agente eziopatogenetico che scatena la celiachia è il glutine. Il glutine è una miscela di gliadine (α, γ e ω) e glutenine. Il legame della gliadina al suo recettore presente sulla mucosa intestinale determina il rilascio di zonulina (un modulatore delle giunzioni strette tra le cellule dei villi intestinali) che causa un aumento immediato e transitorio aumento della permeabilità intestinale. Questo processo ha luogo in tutti gli individui che ingeriscono il glutine (non solo nei celiaci), ma non scatena alcuna reazione patologica; in soggetti con predisposizione genetica alla celiachia, invece, questo stesso processo di aumento della permeabilità intestinale al glutine scatena una reazione immunitaria nella quale il glutine viene riconosciuto come un patogeno, con conseguente insulto infiammatorio della mucosa e distruzione dell’architettura mucosale (su base infiammatoria). Ciò significa che il glutine rappresenta un temporaneo insulto della mucosa intestinale in tutte le persone, celiache e non celiache. D’altra parte, in ambito clinico è nota da anni una condizione nota come NCGS: sensibilità al glutine non celiaca. La NCGS si riferisce ad un miglioramento di sintomi intestinali ed extraintestinali dopo l’eliminazione del glutine in soggetti nei quali la celiachia è stata esclusa. Tuttavia, se un soggetto soffre contemporaneamente di un qualsiasi altro disturbo gastrointestinale, per esempio sindrome dell’intestino irritabile (IBS), sovraccrescita batterica dell’intestino tenue (SIBO), disbiosi intestinale, postumi di gastroenterite virale ecc, l’ingestione del glutine, che di per sé “impegna” la mucosa intestinale rendendola temporaneamente più permeabile, potrà determinare una sensazione di malessere. Pertanto il soggetto associa lo “stare male” all’aver “mangiato pasta” o “mangiato pane”, mentre non noterà lo stesso disturbo se mangia riso o altro senza glutine. L’associazione, ripetuta, determinerà la convinzione che “il glutine fa male”. Ma si tratta di NCGS oppure dei postumi dell’aumento della permeabilità intestinale causata dalla zonulina su una mucosa intestinale già interessata da un disturbo preesistente (per es. IBS)? La risposta a questa domanda ha implicazioni rilevanti, perché se la causa è il disturbo preesistente in quel caso il rimedio deve essere indirizzato sulla causa primaria (IBS nell’esempio).

Uno studio clinico sulla dieta gluten-free in soggetti non celiaci
In relazione all’eliminazione spontanea del glutine da parte di soggetti non celiaci, che riferiscono poi uno stato di benessere generale, miglioramento dei valori di laboratorio alle analisi, eventuale correzione del peso, in uno studio recentemente pubblicato su American Journal of Clinical Nutrition è stata studiata l’attitudine all’eliminazione del glutine dalla dieta in una coorte di circa 125.000 soggetti inglesi; di questi 1776 persone (l’1,4%) ha dichiarato di seguire una dieta senza glutine. In prevalenza erano donne, con livello di istruzione elevato.

Si è osservata una associazione positiva tra dieta priva di glutine e:

  • aver smesso di fumare
  • aver corretto il peso nell’ultimo anno
  • aver cambiato le abitudini alimentari a seguito di una malattia
  • aver avuto malattie del sistema immunitario
  • aver avuto malattie dell’apparato digerente diverse dalla celiachia

Si è invece osservata una associazione negativa tra dieta gluten-free e:

  • consumo quotidiano di alcol
  • sovrappeso ed obesità
  • ipertensione
  • uso di farmaci per il colesterolo

Questi dati, che peraltro confermano quanto già noto, suggeriscono che l’eliminazione del glutine viene spesso realizzata in un contesto di scelte, come quella di correggere il peso, smettere di fumare, non consumare alcol ecc. e che quindi i benefici che vengono riportati in realtà possono derivare da un più ampio quadro di cambiamento dello stile di vita piuttosto che dalla specifica eliminazione del glutine.

Conclusioni
1. La celiachia è una malattia che provoca un danno d’organo e sistemico fino al momento della sua diagnosi: il soggetto celiaco, una volta diagnosticato, ed una volta instaurata la dieta senza glutine, smette di essere malato e diventa una persona perfettamente sana con aspettativa di vita identica a quella della popolazione generale. La celiachia è una delle poche patologie che guariscono completamente senza l’uso di alcun farmaco. Queste motivazioni (completa guarigione senza uso di farmaci) spingono ad adottare tutte le possibili strategie per consentire una tempestiva diagnosi di celiachia nei soggetti realmente celiaci, evitando ritardi diagnostici o, ancor peggio, mancate diagnosi.

2. L’auto-diagnosi, il ricorso a “test per la celiachia” non conformi all’algoritmo diagnostico stabilito dalle linee guida ed in Italia dal documento del Ministero della salute rappresenta uno dei fattori che contribuiscono a rallentare la diagnosi della celiachia in soggetti realmente celiaci. L’eliminazione del glutine “fai da te” non è di per sé una scelta salutistica: i cereali contenenti glutine fanno parte da sempre di diete onnivore e vegetariane sane ed equilibrate. L’eliminazione del glutine “fai da te” può determinare un esito “falsamente negativo” del test per la celiachia, contribuendo a rallentare la diagnosi della celiachia in soggetti realmente celiaci.

3. Il benessere a seguito di una dieta gluten-free in soggetti non celiaci può essere la spia di un disturbo gastrointestinale (organico o funzionale) preesistente e che sarebbe opportuno indagare, al fine di porre rimedio alla causa primaria del problema piuttosto che porre un rimedio ai sintomi. In assenza di disturbi gastrointestinali organici e funzionali il professionista della salute può valutare la presenza di una sensibilità al glutine non celiaca (NCGS), una condizione che si riferisce ad un miglioramento di sintomi intestinali ed extraintestinali dopo l’eliminazione del glutine in soggetti nei quali la celiachia è stata esclusa con certezza. Per questi motivi è auspicabile evitare l’auto-diagnosi di NCGS.

Bibliografia
1) Buonsanti G. Celiachia, sensibilità al glutine ed allergia al grano. Nutrizionistica.it – 2018
2) Protocollo per la diagnosi e il follow-up della celiachia – aggiornamento 2015. Ministero della salute.
3) Thomas J Littlejohns, Amanda Y Chong, Naomi E Allen, Matthew Arnold, Kathryn E Bradbury, Alexander J Mentzer, Elizabeth J Soilleux, Jennifer L Carter, Genetic, lifestyle, and health-related characteristics of adults without celiac disease who follow a gluten-free diet: a population-based study of 124,447 participants, The American Journal of Clinical Nutrition, , nqaa291, https://doi.org/10.1093/ajcn/nqaa291