Probiotici e steatosi epatica

Per lungo tempo considerata una condizione benigna la steatosi epatica rappresenta oggi un problema sanitario emergente: è presente nel 10-25% della popolazione generale, prevalenza che arriva poi fino al 50-90% dei soggetti obesi; è di frequente riscontro anche nell’obesità infantile. Viene spesso scoperta come reperto ecografico occasionale durante un’eco-addome, ma in realtà molti casi sono associati ad altri dismetabolismi (ipertrigliceridemia, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa), configurando il quadro della cosiddetta “sindrome metabolica“. Secondo alcuni autori la steatosi epatica non alcolica (NAFLD, non alcoholic fatty liver disease) non è altro che la manifestazione epatica della sindrome metabolica.

Il principale problema di salute è rappresentato dal fatto che la NAFLD può evolvere verso la più pericolosa NASH, non alcoholic steato-hepatitis, la steatoepatite non alcolica in un decorso clinico che può portare alla fibrosi, alla cirrosi, e perfino all’epatocarcinoma. La NASH rappresenta circa il 20% delle NAFLD. Considerando che nell’ipotesi più pessimistica i portatori di NAFLD sono il 50% dei soggetti obesi, e considerando la prevalenza dell’obesità, si può facilmente intuire come la NASH possa rappresentare, anche in un prossimo futuro, un’emergenza di salute pubblica.
In questo studio-pilota pubblicato sul numero di marzo 2014 dell’American Journal on Clinical Nutrition è stata misurata l’efficacia del trattamento con probiotici in soggetti affetti da NAFLD. Il razionale è che poiché i probiotici si sono dimostrati efficaci nel trattamento delle disbiosi intestinali la loro somministrazione potrebbe esercitare effetti positivi anche sull’asse intestino-fegato. Nello studio in doppio cieco e controllato con placebo, 52 soggetti con NAFLD sono stati randomizzati per ricevere due dosi giornaliere di probiotici o di placebo per 28 settimane; entrambi i gruppi sono stati invitati a seguire una dieta sana e svolgere attività fisica regolare. L’efficacia del trattamento è stata indagata misurando i markers epatici di routine, con i seguenti risultati:

Sono stati osservate anche significative diminuzioni dell’insulino-resistenza misurata con l’indice HOMA-IR (-0,68 nel gruppo “probiotici” contro -0,39 nel gruppo “placebo”, P < 0,001) e della proteina C-reattiva ultrasensibile (usCRP), un marker di stato proinfiammatorio cronico associato ad un incremento del rischio cardiovascolare.
I risultati di questo studio quindi dimostrano che la somministrazione di probiotici unita alle modifiche allo stile di vita è più efficace rispetto alle sole modifiche allo stile di vita nel determinare un miglioramento del profilo di funzionalità epatica misurato con i markers epatici AST, ALT, GGT oltre che un miglioramento del profilo di sensibilità insulinica. Sarebbe pertanto utile confermare questi dati su casistiche più ampie e comprendere, come gli stessi autori indicano, se i benefici osservati possano essere mantenuti anche a medio-lungo termine dall’assunzione dei probiotici.

I probiotici utilizzati in questo studio erano formulati in capsule contenenti 200 milioni di batteri appartenenti a 7 specie (Lactobacillus casei, Lactobacillus rhamnosus, Streptococcus thermophilus, Bifidobacterium breve, Lactobacillus acidophilus, Bifidobacterium longum, e Lactobacillus bulgaricus) oltre che fibre prebiotiche (FOS).

Bibliografia:
Eslamparast T. et al. Synbiotic supplementation in nonalcoholic fatty liver disease: a randomized, double-blind, placebo-controlled pilot study. Am J Clin Nutr 2014;99:535-42